Perché ridere salva la vita
di Alessandro Scuotto
Le affermazioni della saggezza popolare precorrono talvolta i risultati della ricerca scientifica: “il riso fa buon sangue” – si dice. L’interpretazione convenzionale di questo proverbio assegna al sangue la metafora della disposizione d’animo, forse riprendendola dalla teoria degli umori della medicina di Ippocrate, e quindi attribuisce all’umorismo una relazione benefica con lo stato di salute.
Ma il “buon sangue” non è solo buonumore. Già da alcuni anni, infatti, è stato dimostrato che ridere modifica la concentrazione di alcuni componenti presenti nel sangue e che queste variazioni sono, a loro volta, responsabili di cambiamenti di attività del sistema immunitario, tanto da poter pensare di impiegare la comicità nella terapia e nella prevenzione delle malattie.
L’aneddoto più noto a questo proposito è probabilmente costituito dalla vicenda di Norman Cousins (1915-1990), giornalista americano redattore letterario del Saturday Review, al quale fu diagnosticata una forma severa di spondiloartrite anchilosante - una malattia infiammatoria cronica autoimmune invalidante delle articolazioni - con complicanze cardiache. Allorché, in relazione alla scarsa efficacia dei trattamenti intrapresi, gli fu annunciata una prognosi con minime probabilità di sopravvivenza nel breve periodo, Cousins, alla luce di alcune ricerche di “biochimica delle emozioni” recentemente pubblicate, decise di affidarsi ad un programma terapeutico che comprendeva dosi imponenti di vitamina C, attitudine mentale positiva e visione di film comici e candid camera televisive. L’effetto immediato di tipo analgesico gli permise innanzitutto di poter dormire senza dolore, successivamente il lento miglioramento clinico gli consentì di riprendere il lavoro e di vivere fino a 75 anni: per più di sedici anni dopo la diagnosi e ben oltre quanto era stato pronosticato dai medici.
La base scientifica che oggigiorno ci offre la possibilità di comprendere, tra le altre cose, la relazione tra umorismo e salute è l’oggetto di una disciplina dal nome quasi impronunciabile – psico-neuro-endocrino-immunologia – per indicare la quale si preferisce utilizzare l’acronimo PNEI: in sintesi le emozioni e il pensiero, attraverso le vie del sistema nervoso, influenzano la secrezione di ormoni che regolano l’attività immunitaria.
Abbiamo percorso un tratto di strada ulteriore dalle osservazioni che Freud, all’inizio del secolo scorso, riportava nel suo saggio Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio (1905): ridere di cuore può permettere lo scaricare delle tensioni e uno stato di conseguente piacere. Il riso dunque è salutare perché alleggerire la tensione vuol dire intervenire in maniera positiva sullo stress e sull’ansia interrompendo il circolo vizioso che alimenta frustrazione, senso di inadeguatezza, aggressività e senso di colpa. Questo sul piano psichico, ma in condizioni di stress l’organismo produce una maggior quantità di cortisone che riduce la competenza immunitaria e facilita così l’insorgenza di malattie. Il senso dell’umorismo, moderando il calo delle difese immunitarie che si verifica sotto stress, ne antagonizza le conseguenze; inoltre è dimostrato che ridere di cuore provoca effetti simili all’esercizio fisico con successivo periodo di rilassamento: aumenta la produzione di beta-endorfine (un gruppo di sostanze prodotte dalle cellule del sistema nervoso) e riduce il rischio di infarto cardiaco e di depressione.
In un periodo storico come quello attuale, caratterizzato da una congiuntura economica negativa che comporta un logorio individuale e sociale, una cura efficace a basso costo è sicuramente benaccetto.
In più la capacità di cogliere l’aspetto umoristico delle situazioni sollecita l’azione di cortocircuiti psichici simili a quelli provocati dall’arrivo improvviso di nuove idee e alla capacità di elaborare soluzioni alternative ai problemi utilizzando elementi occasionali.
Parlare di umorismo dalle sponde del lago, spesso accostato all’evocazione di sentimenti malinconici, può sembrare anomalo, ma André Breton accostava l’umorismo alla creazione poetica e dunque coniugare la attrattiva di un ambiente sereno con la magia della creatività è legittimo.
E’ scritto che “un cuore allegro è una buona medicina, ma uno spirito abbattuto inaridisce le ossa” (Proverbi, 17:22): la capacità di apprezzare l’umorismo è una dote da coltivare e attraverso la quale disporre il corpo e l’anima a godere del pieno benessere.
Pubblicato sul quotidiano L'Ordine, 25 ottobre 2008.
domenica 26 ottobre 2008
giovedì 23 ottobre 2008
martedì 14 ottobre 2008
Le connessioni nascoste
Poiché la vita umana comprende la dimensione biologica, quella cognitiva e quella sociale, i diritti umani andrebbero rispettati in tutte e tre queste dimensioni. La dimensione biologica include il diritto a un ambiente sano e ad alimenti sicuri e sani; e, oltre a ciò, il rispetto per l’integrità della vita include anche il rifiuto della brevettazione delle diverse forme di vita. I diritti umani nella sfera della dimensione cognitiva comprendono il diritto di accedere all’istruzione e alla conoscenza, così come la libertà di opinione e di espressione. Per quanto riguarda la dimensione sociale, infine, il primo diritto umano – nelle parole della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo – è “il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza personale”. Nella dimensione sociale rientrano un’ampia varietà di diritti – dalla giustizia sociale al diritto a riunirsi pacificamente, all’integrità culturale e all’autodeterminazione.
Fritjof Capra, La scienza della vita, BUR, 2004, Milano (1a ediz. it. Rizzoli, 2002, Milano).
Titolo originale: The Hidden Connections.
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