giovedì 18 dicembre 2008

Natale

L'attesa della nascita è avere fede in una promessa
di Alessandro Scuotto

Ciò che nasce adesso, prima non c’era. Il momento della nascita dunque segna il limite temporale di un cambiamento da una primitiva condizione, un “passaggio all’essere”. Questo “essere nuovo” non ha, però, generato se stesso, origina infatti da situazioni necessariamente preesistenti e stabilisce, attraverso esse, un collegamento col passato. Ma è tutto l’esistente che viene modificato dalla nascita, da ogni nascita, in una realtà nuova: allorché la realtà genera il nuovo, il nuovo modifica la realtà.
L’attesa della nascita è la fede in una promessa che verrà mantenuta nel futuro, è espressione di una condizione na(sci)tura, che attiene cioè alla natura: è un fenomeno intrinsecamente naturale. Ma “nascere” viene dal fonema indoeuropeo GN- da cui sia GEN- (generare), che GNO- (accorgersi) e da quest’ultimo: cognoscere, conoscere. Quindi nascere è partecipare della natura e della conoscenza, è conoscere la propria natura, avere coscienza di sé: immergersi consapevolmente nella propria essenza.
La natura dell’Uomo non può accontentarsi di nascere per esistere semplicemente, ma si esprime pienamente nell’essere. Questa espressione, spontanea nell’intenzione, richiede tuttavia un atto di volontà. Come il tentativo di realizzare l’opera di trasformazione alchemica procede attraverso innumerevoli sperimentazioni pratiche, acquisendo ogni volta una parte importante della conoscenza; così, per percorrere con successo la strada per la realizzazione di se stessi, è necessario trasferire l’energia dal piano potenziale a quello attuale, dall’intenzione all’azione cosciente e accogliere intimamente l’esortazione dell’Ulisse dantesco: Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza (Inf. XXVI, 118-120).
La conoscenza che porta alla nascita determina un cambiamento ed impone a sua volta una trasformazione dello stato precedente: una morte simbolica. Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (Gv. 12, 24). Ogni volta dunque che la consapevolezza di sé progredisce, si nasce, e questo processo naturale si sviluppa attraverso un ciclo di generazione che procede dalla morte (trasformazione) verso la vita (realizzazione di sé). Il mito della fenice, che rinasce dalle proprie ceneri, richiama questa esigenza.
La nascita (come la resurrezione) di Cristo è una celebrazione con valore attuale per il mondo cristiano, non una commemorazione storica, e la si fa ricorrere in concomitanza del solstizio d’inverno, un evento simbolicamente legato alla rinascita da tempi remoti. La virtualità della promessa si traduce dunque nella concretezza del suo compimento che dall’essere passa alla consapevolezza (sapere di essere), da questa all’azione (gestire l’essere) ed infine alla relazione d’amore (donare l’essere).

Articolo pubblicato su Napolipiù, 18 gennaio 2005.

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