L'agopuntura non è placebo. Perché...
di Alessandro Scuotto
Il fatto che una pratica medica, sottoposta a critica qualche giorno fa sulle pagine di un quotidiano di informazione, abbia ottenuto la sua apologia su questo quotidiano da parte di un paziente – sia pure una autorevole firma giornalistica – in parte mi solleva dall’ipotesi che gli oltre venti anni da me dedicati allo studio e all’applicazione dell’agopuntura possano essere ridotti all’esercizio di imbonitore o di persuasore occulto. Nel contempo l’episodio mi stimola a qualche riflessione.
Il successo terapeutico di cui A.M. Parrino è dichiaratamente testimone non è una condizione episodica e non ha apparenze mirabolanti, ma rientra tra le aspettative consolidate dalla statistica: il 65% circa delle persone, che si sottopongono a terapia con agopuntura contro l’abitudine al fumo, smettono di fumare; il 25% circa riduce in maniera significativa il numero di sigarette consumate; il 10% circa non risponde alla terapia.
Non è questa la sede per discutere nel merito della questione: il dibattito scientifico va condotto nei luoghi opportuni e su queste righe otterrebbe solo di annoiare il lettore non addetto ai lavori. Ma mi sembra opportuno una serie di considerazioni metodologiche sulla divulgazione scientifica. L’articolo scientifico in lingua originale, al quale il corrispondente di Repubblica fa riferimento, è consultabile facilmente al sito www.cochrane.org/reviews/en/ab007587.html; in primo luogo in esso non ci si riferisce all’emicrania, come erroneamente segnalato su Repubblica, ma ad un’altra patologia: la cefalea muscolo-tensiva. Inoltre le conclusioni alle quali pervengono gli autori sono le seguenti: “l’agopuntura potrebbe essere un apprezzabile strumento non-farmacologico nei pazienti con cefalea tensiva frequente, episodica o cronica”. Tuttavia l’accento sull’effetto placebo, posto nell’articolo di E. Franceschini su Repubblica, non mi sembra abbia riscontro con quanto segnalato nel lavoro scientifico nel quale Linde e coll. riferiscono piccoli benefici, ma statisticamente significativi, dell’agopuntura nel confronto con l’infissione casuale di aghi (“falsa agopuntura”).
L’effetto placebo è insito in ogni pratica medica ed è parzialmente responsabile di ogni successo terapeutico; si badi bene, parzialmente non vuol dire che una parte dei successi è esclusivamente dovuta a questo effetto, ma che tale componente agevola la buona risposta alla terapia, anzi è spesso invocata: ogni medico, con sufficiente esperienza clinica, punta alla collaborazione del paziente per ottenere la sua guarigione, e sarebbe folle a non farlo.
L’effetto placebo è indiscutibile, come è altrettanto innegabile il suo opposto: l’effetto “nocebo”. Quello che si verifica allorquando si pone l’accento sugli effetti collaterali indesiderati di un farmaco più che sulla sua azione, quello che si induce con il riferimento alla percentuale di mortalità anziché di sopravvivenza ad un evento patologico, quello che si persegue con un tentativo di informazione, accompagnata dal pregiudizio, che punta a screditare l’efficacia di alcuni tipi di terapia.
Articolo pubblicato sul quotidiano L'Ordine, 24 gennaio 2009
sabato 24 gennaio 2009
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