martedì 24 novembre 2009

Chi lavora non mangia?

Dieta e lavoro
di Alessandro Scuotto

Un proverbio popolare suggerisce che “chi non lavora non mangia”. Sembra che l’adagio sia stato rovesciato poiché di recente (Corriere della Sera.it) è stato sottolineato che la “pausa pranzo” rappresenti un danno per il lavoro; si è avanzata così la proposta dell’abolizione o di una consistente riduzione del tempo dedicato al pasto di mezzogiorno.

Il confronto con altre popolazioni sembra dar ragione a questa proposta, tuttavia l’accostamento tra le abitudini alimentari dei paesi del mediterraneo e di quelli del mondo anglosassone richiede un’analisi più approfondita. Se, infatti, il cittadino italiano impiega mediamente più tempo per il pranzo rispetto ad un inglese, è pur vero che il tipo di colazione mattutina consumata dai due è completamente differente.
Pur rispettando esigenze e consuetudini individuali, l’importazione parziale e l’estensione su larga scala di abitudini particolari potrebbe avere effetti spiacevoli.

Subordinare l’efficienza produttiva presunta al benessere della persona è un errore che incide negativamente sulla stessa capacità produttiva e sulle condizioni sociali.
Saltare del tutto il pasto determina un calo energetico per il metabolismo che si tradurrebbe in una riduzione della validità del lavoratore; d’altra parte ridurre l’orario disponibile per consumare gli alimenti induce ad un consumo frettoloso degli stessi. Questa condizione è la principale causa di ingestione involontaria di aria con conseguente meteorismo e collegati disturbi addominali, può inoltre facilitare la comparsa di reflusso esofageo.
Si è prospettata l’ipotesi di consumare i pasti durante le occupazioni lavorative. Anche questa non è una buona idea: è dimostrato infatti che occuparsi di altro (ad esempio guardare la tv) mentre si mangia, favorisce l’assunzione inconsapevole degli alimenti, incrementando il rischio di obesità e di malattie metaboliche.

La cosiddetta “dieta mediterranea” rappresenta un riferimento scientifico consolidato di equilibrio e di benessere con prove innumerevoli del valore preventivo nei confronti delle patologie più diffuse nel mondo occidentale. Parrebbe strano che in un paese come il nostro, che fa dell’alta qualità dei prodotti alimentari una componente fondamentale dello stile per il quale è riconosciuto ed apprezzato all’estero, possa farsi strada l’ipotesi di sovvertire le abitudini sane per inseguire un modello estraneo alla cultura tradizionale.

venerdì 20 novembre 2009

20° anniversario della Convenzione sui Diritti dell'Infanzia

dal preambolo:

...nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo le Nazioni Unite hanno proclamato che l'infanzia ha diritto a un aiuto e a un'assistenza particolari;

...occorre preparare pienamente il fanciullo ad avere una sua vita individuale nella società, ed educarlo nello spirito degli ideali proclamati nella Carta delle Nazioni Unite, in particolare in uno spirito di pace, di dignità, di tolleranza, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà;


dal testo della Convenzione approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, ratificata dall'Italia con legge del 27 maggio 1991, n. 176, depositata presso le Nazioni Unite il 5 settembre 1991. (traduzione italiana pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'11 giugno 1991):

Art. 2
Gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza.
Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari.

Art. 3
In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.
Gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, e a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi appropriati.
Gli Stati parti vigilano affinché il funzionamento delle istituzioni, servizi e istituti che hanno la responsabilità dei fanciulli e che provvedono alla loro protezione sia conforme alle norme stabilite dalle autorità competenti in particolare nell'ambito della sicurezza e della salute e per quanto riguarda il numero e la competenza del loro personale nonché l'esistenza di un adeguato controllo.

giovedì 19 novembre 2009

mercoledì 18 novembre 2009

La Vita, la Forma, la Relazione

Dalla presentazione:
"Gli obiettivi dell'Associazione ALTANUR"
a cura del Presidente dell'Associazione
Alessandro Scuotto





Ampiezza di vedute
"Costui è dei nostri o è un estraneo?"
il calcolo di chi è corto di mente;
ma per chi è di nobile attitudine
come il mondo intero è la famiglia.
Da "Il tesoro dele gemme dei bei detti" di Vidyakara (XII sec.), 1241.