di Alessandro Scuotto
Mentre gli americani digeriscono a fatica il recentissimo saggio di Barbara Ehrenreich, dal titolo Bright-Sided. How the Relentless Promotion of Positive Thinking Has Undermined America (Come la promozione implacabile del pensiero positivo ha minato l'America), nel quale si muove un attacco frontale al culto della positività, alla promozione della visione rosa della vita che ha sorretto per lungo tempo il sogno americano, di qua dall'oceano, nella serena Svizzera, fa notizia la proposta di alcuni deputati del Cantone Argovia di istituire corsi scolastici sulla felicità.
L'interesse del vecchio continente per il tema è solo l'effetto della fascinazione postuma esercitata da un modello di vita che mostra, dove è stato adottato, ormai segni di logorio? Oppure è la risposta alla domanda crescente di cambiamento che si fa strada in quelle coscienze che mirano ad uscire dalla sonnolenza di una condizione esistenziale ripetitiva?
L'interesse del vecchio continente per il tema è solo l'effetto della fascinazione postuma esercitata da un modello di vita che mostra, dove è stato adottato, ormai segni di logorio? Oppure è la risposta alla domanda crescente di cambiamento che si fa strada in quelle coscienze che mirano ad uscire dalla sonnolenza di una condizione esistenziale ripetitiva?
In verità tali posizioni, apparentemente contrapposte, hanno un tratto che le unisce: l'esigenza di rompere degli schemi cristallizzati. Ma questo che sembra ormai un luogo comune, merita un approfondimento metodologico: la rottura degli schemi avviene troppo spesso applicando a sua volta uno schema e questa condizione ricorsiva non è più tollerata.
Il libro della Ehrenreich, pur con tutte le critiche che merita, ha il pregio di espungere dalla reale visione ottimistica quella componente euforica che ha coinvolto seguaci di improvvisati maestri di "pensiero positivo" e lettori di scaffali interi di manuali usa-e-getta che promettono soluzioni magiche alle difficoltà reali. Non è un'apologia del pessimismo, ma certo dà voce alla insofferenza di cittadini che non accettano più, tra le altre cose, una economia in cui consulenti d'impresa sono pagati per comunicare che le cose vanno bene e manovrare il mercato, anziché studiare strategie alternative di produzione e di sostenibilità dei consumi.
La ricerca della felicità in America è una cosa seria, tanto da esibirla nella dichiarazione di indipendenza ponendola tra i diritti inalienabili di tutti gli uomini, e la mistificazione di questo diritto attira una spietata disapprovazione. Non meno importante, anche se meno esposto, questo valore in Europa ha sostenuto e accompagnato la passione dei protagonisti dell'affermazione dei diritti civili alla fine del XVIII secolo; sembra che l'inclusione del diritto alla felicità nella dichiarazione d'indipendenza sia stata suggerita a Benjamin franklin dal giurista e filosofo napoletano Gaetano Filangieri, il quale nella sua opera La Scienza della Legislazione si pone il problema della felicità nazionale anticipando di più di due secoli le istanze europee sul benessere che porteranno alla costituzione della Commissione Stigliz nel 2008-2009.
Certamente dal secolo dei lumi ad oggi sono cambiate molte cose, ma l'aspirazione alla soddisfazione personale e sociale. la eudaimonia degli antichi greci, è un'esigenza così forte da emergere anche in un momento storico in cui sembrano prevalenti gli aspetti superficiali dell'esistenza, dove l'apparire prevale sull'essere e in cui, per dirla con Nietzsche, "di tutto conosciamo il prezzo, di niente il valore".
In una visione di questo tipo, il progetto svizzero delle lezioni di felicità per gli studenti ha il sapore di un risarcimento che la generazione di chi scrive, riconoscendo la propria responsabilità della condizione storica attuale, offre agli attuali adolescenti. La proposta segue esperienze analoghe già condotte in Germania e in Gran Bretagna e, in scala più piccola, una sperimentazione condotta personalmente in alcune scuole in Campania tra l 1998 e il 2003.
- Ho deciso di partecipare a questo corso perché cercavo dei chiarimenti sulla strada da intraprendere in futuro, ma penso di aver ricevuto dei chiarimenti anche sul mio modo di essere e sul modo in cui affronterò varie situazioni quando si presenteranno. - E' il pensiero di uno studente del quarto anno dell'Istituto Tecnico Commerciale a Santa Maria Capua Vetere (Caserta) alla conclusione di un corso centrato sull'ottimismo e sulla motivazione. Un'altra studentessa scrive: - Mi era stato detto che con questo corso avrei potuto capire qual è la "mia strada". pensavo che fosse un corso di orientamento per l'università. Non è stato così, tutt'altro... e mi è piaciuto. Non avrò capito ancora quale facoltà scegliere, ma mi è servito per sapere quali sono i criteri di cui devo tener conto per prendere questa decisione. - e prosegue - Prima avevo qualche problema ad accettare me stessa le cose che mi capitavano. ora dedico più importanza agli aspetti positivi delle cose che a quelli negativi. Ho imparato alcuni trucchetti per reagire meglio di come facevo in determinate situazioni e questo mi fa estremamente piacere. -
Considerazioni analoghe sono state formulate dagli studenti della stessa età di un Istituto Tecnico Industriale a San Giorgio a Cremano (Napoli) dopo l'esperienza di corsi simili, organizzati in una serie di sei-otto incontri della durata di due ore ciascuno e orientati alla esplorazione dell'atteggiamento personale e del modo di guardare la vita e all'apprendimento di tecniche semplici per volgere le proprie aspettative in funzione di benessere.
Il gradimento dei ragazzi è stato motivo di soddisfazione e dal dialogo coi docenti delle materie ordinarie è emerso un incremento delle prestazioni degli allievi nello studio e nella socializzazione.
Questa esperienza è stata successivamente condotta anche nell'ambito di un progetto di "orientamento e formazione per il passaggio dalla Scuola Superiore all'Università" e i risultati sono stati presentati il 9 dicembre 2003 nel convegno sul "Ruolo della Scuola dopo la Riforma Universitaria" presso l'Università Federico II di Napoli.
Il successo di questa iniziativa è legato all'impiego di tecniche scientifiche che provengono dalla corrente di Psicologia Positiva, un ambito di studi ben diverso dal rudimentale approccio del "pensiero positivo" e che si appoggia principalmente sul lavoro dello psicologo statunitense Martin E.P. Seligman. Ma non va sottovalutata, ai fini della riuscita di questa esperienza, la componente empatica di un corso del genere: l'importanza di offrire una strumentazione duttile e ampiamente adattabile alle personali necessità; in pratica è indispensabile non commettere l'errore, come dicevo all'inizio, di fornire "uno schema per rompere gli schemi". L'obiettivo non è quello di formare dei tecnici del buonumore a oltranza, ma di privilegiare l'uso di quello che Seligman stesso definisce ottimismo flessibile, un ottimismo con "gli occhi aperti". in modo da essere in grado di adoperare il senso della realtà senza rimanerne intrappolati, di condurre la propria vita senza lasciarsi sopraffare dalle inevitabili avversità e di attingere alle illimitate risorse interiori per conseguire gioia e pienezza dell'essere.
E' un piano ambizioso e non privo di difficoltà, soprattutto nelle fasi preliminari. Ad esempio di ciò riporto di seguito un estratto della relazione sui risultati conseguiti in uno dei corsi: "Durante il corso i partecipanti, da un iniziale scetticismo di fondo sulle possibilità di applicare in concreto le linee di programma esposte, hanno man mano acquisito le tecniche fondamentali di analisi del dialogo interiore e di modificazione dello stile esplicativo così da tradurle in una variazione comportamentale tesa ad affrontare con consapevolezza rescente le avversità della vita. Particolare interesse è stato manifestato dagli allievi nell'affrontare le problematiche del disagio esistenziale dell'adolescenza e delle capacità di incremento dell'autostima. Si è così costituito un gruppo di lavoro omogeneo nelle intenzioni e nella partecipazione attiva al programma con risultati globali percepiti in: aumento della disponibilità di ascolto, maggiore capacità di controllo emozionale nelle siuazioni stressanti, percezione dell'immagine pesonale più aderente alla realtà."
La naturale diffidenza degli adolescenti verso le proposte degli adulti va compresa e posta nella dimensione appropriata ad essere integrata, senza scadere nella ricerca di compiacenza e senza irrigidirsi nella somministrazione del sapere ex cathedra. La ricerca di un linguaggio comune, l'esplorazione mutua dei territori culturali e la disponibilità all'ascolto sono requisiti di base per un'avventura entusuasmante che può rappresentare un piccolo tassello utile alla costruzione di un mondo migliore.
Ben vengano dunque i corsi di felicità, ma, per carità, senza esami, senza giudizi, senza votazioni.
Articolo pubblicato sul quotidiano L'Ordine, 15 gennaio 2010.
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